Olimpiadi invernali: il buco involontariamente

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“Siamo tutti dei grandi sciatori e sport invernali” diceva il Giampiero Galeazzi dei tempi migliori. E sicuramente dovrebbe essere così, almeno fino al 25 febbraio.

Ma in effetti, per seguire queste Olimpiadi bisognerebbe come minimo:

1) Non dormire la notte per collegarsi con Pyeongchang; 2) avere un certo background sugli sport invernali che non si fermi ai tempi di Alberto Tomba e Ole Kristian Furuseth; 3) amare il contesto montano invernale, il freddo, la neve.

Spiace evidenziare, ad oggi, la distanza esistente con questo identikit. Se, per giunta, si sono trovate ogni anno valide motivazioni per non fare una settimana bianca e non si sono mai messi ai piedi un paio di sci, come ci si può immedesimare nel clima delle gare? Tutto al più, ci si potrebbe immedesimare nel clima del dopo gara, se esiste (leggasi chalet in cui predisporre un terzo tempo a base di ciccia).

Insomma, con le Olimpiadi invernali serve qualche espediente emozionale per venirci incontro. L’obiettivo a quattro anni è trovarli per cogliere così l’essenza della massima del Giampiero nazionale.

Laura Carletti

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