Alaphilippe e quella voce che non viene dalla radiolina

Alaphilippe
Julian Alaphilippe – campione del mondo #Imola2020

Se avete detto che siete contenti per la vittoria a Imola di Alaphilippe e qualcuno vi ha risposto “Ma è francese!”, forse quel qualcuno non segue tanto il ciclismo. Perché oggi la nazionale italiana non partiva da favorita e, al tempo stesso, erano presenti fuoriclasse sui quali non ti chiedi “se” vinceranno un mondiale, ma quando” lo vinceranno – come van Aert, Hirschi, Pogačar, Alaphilippe appunto – o se lo potranno vincere “di nuovo” – come Kiatkowski o Valverde. Tutti reduci dal Tour de France.

Questo mondiale che non ha cambiato data si ritrova stretto tra la fine della corsa a tappe francese e l’inizio del Giro d’Italia. E la sua storia comincia sulle strade del Tour. Alaphilippe aveva fatto in tempo a vincere la seconda tappa, indossare la maglia gialla e piangere dedicando la vittoria al papà recentemente scomparso. Poi, dopo appena cinque giorni di corsa in terra francese, si parla di mondiale: a seguito della rinuncia della Svizzera, arriva l’ok dell’UCI alla candidatura di Imola. E, scoperto questo percorso che gli si addiceva così tanto, Alaphilippe stacca. Con la testa stacca dal Tour che già gli ha dato tanto e pensa al mondiale. A differenza sua, in Francia Pogačar spende fino all’ultima energia nello scontro con Roglič, e van Aert si consuma a supporto dello sloveno della Jumbo Visma.

Poi, certo, al via del mondiale ci sono anche quelli che stanno preparando il Giro d’Italia. Che sono un po’ un’incognita e, comunque, non sono quelli del “quando”, né del “di nuovo” ma viaggiano verso lo “stavolta o mai più”: Nibali e Fuglsang, anni 35. D’esperienza. E, per carità, ce ne vuole su questo percorso, 9 giri per un totale di 258 chilometri con quasi 5000 metri di dislivello totale.

Ognuno a fare il tifo per i propri, com’è giusto. Ma voi immaginate i francesi che non salgono sul gradino più alto del podio da 23 anni e che adesso sono impazziti per Alaphilippe, quello che hanno battezzato Lou Lou. Ancora più impazziti di quanto non lo siano stati per Voeckler, quello che avevano battezzato T-Blanc e che poi adesso è il ct della loro nazionale. E pensate ad Alaphilippe, quel fuoriclasse che ha già vinto tanto e che ha pianto in Francia il 30 agosto con la maglia gialla ricordando il padre.

E allora di sfidanti possono essercene tanti, usciti dal Tour o in forma crescente per il Giro, giovani promesse o coraggiosi vecchietti. Ma sembra tutto chiaro.

Si corre senza radioline. Julian non sa quanti secondi ha messo tra se e il gruppetto di inseguitori con quasi tutti i migliori. Cerca di chiederlo ai motociclisti, si volta sperando di non vederli sbucare dietro alla curva. Senza radioline per regolamento. Non sente la voce di Voeckler che in ammiraglia o dal paddock starà sicuramente gridando “Alè-Alè-Alè”. Ma Julian sente la voce del padre. Che quante parole avrà speso per lui e per le sue vittorie, quante volte gli avrà detto euforico che un giorno sarebbe diventato campione del mondo? E allora adesso non servono né il cronometro né gli urlacci di Voeckler. Serve solo andare. Perché La voce dei morti è la più forte, e fa succedere quel che i vivi non possono”, scrive Fabio Genovesi nel suo ultimo libro, “Cadrò, sognando di volare”. Un libro dedicato a Pantani, che tutti gli amanti del ciclismo dovrebbero leggere, che fa riflettere sui successi di noi mortali, quei successi forgiati giorno dopo giorno inseguendo sogni e promesse fatte a chi abbiamo voluto bene e che si sostengono solo nel ricordo delle loro voci invadenti.

Poi forse qualche simpatico dissacratore dirà che Julian, spedito verso l’autodromo, avrà più che altro sentito la voce della sua fresca fidanzata Marion Rousse, ex ciclista, ex moglie di Tony Gallopin e attuale anchorwoman della tv francese. Può darsi. Comunque roba forte.

Ecco, Alaphilippe è francese. È un fuoriclasse francese che prima o poi il mondiale l’avrebbe vinto. Che almeno il primo sarebbe stato quello di quest’anno, adesso sembra quasi ovvio. Siatene contenti.

Laura Carletti

Filippo Ganna è il primo campione del mondo italiano a cronometro

Il percorso della cronometro mondiale di Imola

L’arrivo è sulla griglia di partenza, ma contromano. I corridori imboccano la Tosa verso le due varianti per poi infilarsi nel rettilineo e prendere la bandiera a scacchi. La crono mondiale, l’abbiamo visto già con le ragazze, non è una passeggiata. 31,7 km che iniziano e finiscono nell’autodromo di Imola, un avanti e indietro veloce con rischio vento e oggi, per un po’,  anche rischio pioggia. Pare che il tempo si faccia nella prima parte, all’andata verso Casalfiumanese con la strada che sale tutta leggermente per 15 km e poi  il tempo lo fermi lì, a Borgo Tossignano, per l’intermedio. Nella discesa e negli strappetti verso l’autodromo però sarà importante sapersi gestire, evitare ogni tipo di problema, folata, sbandata, evitare di cadere giù come ieri la Dygert, che si è catapultata di sotto, oltre il guard rail quando era in testa e lanciata verso il suo bis iridato. E soprattutto, per tutti i 31,7 km, evitare di distrarsi per il paesaggio, le colline dalle diverse tonalità di verdi, verdi intensi, verdi giallastri, le stradine che serpeggiano i loro fianchi morbidi decorate da file di cipressi. Tutto questo lasciamolo alla regia internazionale franco-svizzera che riempirà gli occhi dei telespettatori sparsi per il mondo. Però, ad un certo punto e fino quasi a metà gara, i tifosi italiani si trasformano tutti in Fiorenza, la ragazza hippie di Un sacco bello, compreso l’ex campione del mondo Ballan che in cronaca ha espresso con parole gentili il concetto: “Sì, però pure la campagna, dopo un po’, du’ palle”.

Gli occhi sulla corsa dei due italiani

Affini, vogliamo vedere Edoardo Affini. È primo all’intermedio, dimenticato da moto ed elicotteri impegnati in campi lunghi e lunghissimi. Finalmente inquadrato dalle telecamere sul traguardo. Primo con 37’25’’. E ci rimarrà un po’ lì a friggere sulla hot seat. Una mezzora, finché non arriva Geraint Thomas. Finirà quattordicesimo.

La nostra seconda pedina, che poi sarebbe la prima, per la corsa contro il tempo è Filippo Ganna, un favorito. È appena partito. Ha vinto già quattro volte l’oro, ma su pista. L’Italia non ha mai piazzato il colpo grosso su strada e quest’anno, in questo mondiale arrivato in casa poco più di 20 giorni fa, caricato all’improvviso sulle spalle di un’organizzazione impeccabile, chissà che non sia la volta buona. Ganna parte dopo van Aert, Kung, Dumoulin e prima di Dennis, il campione in carica. Da un certo punto in poi, arrivano a Pancani, e solo a lui, i rilevamenti live, come quelli che prova a fare Saligari sulle salite del Tour, ma più ufficiali. Parlerebbero di una splendida cavalcata di Ganna verso la vittoria. Ma lui, che i numeri nemmeno gli piacciono tanto, non ci crede e chiude tutto. Quindi, quello che fa fede è il colore del quadratino dei tempi in sovrimpressione: verde finché si è in vantaggio, rosso quando si accumula ritardo. E gli occhi sono tutti lì. Verde, rosso. Verde, rosso.

Intermedio. Ganna: verde. Dennis: rosso. Traguardo. Van Aert: verde. Ganna: verde. Dennis: rossissimo. È fatta. È vero. Paga nella seconda parte il campione australiano che si ferma al quinto posto a 39’’. Dumoulin sprofonda decimo a 1’14’’. Dobbiamo crederci che il piemontese si prende la prima medaglia d’oro per l’Italia nella storia delle cronometro mondiali. Argento a van Aert e bronzo allo svizzero Kung.

Filippo è bello sul podio con la maglia già vestita e la medaglia al collo come da procedura Covid. Ora con questa maglia correrà la cronometro d’apertura del Giro d’Italia a Palermo, sabato prossimo. Forse fino a sabato non se la toglierà più. Poi ha detto che spera di svestirla per indossare direttamente quella rosa. “Una lucida follia”, la sua, alla portata, lì da cogliere. E che gli vada bene. Una lucida follia, come  Di Rocco ha chiamato goliardicamente tutta questa avventura organizzativa di #Imola2020. Che prosegua bene così. Da domani le prove in linea.

Laura Carletti

L’attesa è quasi finita per la Tirreno-Adriatico 2020: percorso, partecipanti e quella nomea di elisir di salute

Tirreno-Adriatico 2020: il percorso
Tirreno-Adriatico 2020: il percorso

Inutile parlare del fascino dei grandi giri. Quelle tre settimane sono un racconto unico, intenso, un viaggio che non ha eguali. Durante un grande giro si entra così tanto nella corsa che ogni giorno, riflettori puntati sui corridori, vuoi sapere pure come hanno dormito, se è passato quel mal di gola o hanno ancora il mal di gambe, se guardando la montagna a colazione hanno pensato “Non vedo l’ora” oppure, sospirando, hanno affondato lo sguardo nella loro pasta in bianco.

Però le tre settimane si fanno sentire, non solo per chi pedala: sulla distanza, affossarsi nel divano diventa difficile e ogni scusa inventata uno stress, soprattutto nel weekend, quando è sempre quella fastidiosa tracheite, a luglio, che ti impedisce di raggiungere gli altri al mare. Per non parlare dei fortunati che seguono la corsa che si devono sobbarcare trasferimenti alla guida, quartier tappa da allestire, transenne da piazzare, palchi e tribune da montare e poi smobilitare tutto, oppure intervistare, scrivere, fare telecronache fiume, e tante altre varie e belle cose. Insomma, anche la carovana arriva sfiancata.

Ma c’è un’altra corsa del calendario italiano che, per tutti e per tanti aspetti, gode di ottima reputazione. Si corre in primavera, quando la stagione entra nel vivo, attiva la modalità racconto delle corse a tappe, richiede di fare le stesse belle cose  che si fanno in un grande giro, ma è tutto condensato in una sola settimana. È voce comune tra gli addetti ai lavori che la Tirreno-Adriatico sia un toccasana, come un elisir di salute. E questa settimana è una vetrina sul centro Italia, sulla bellezza dei mari e dell’Appennino. Dalla Toscana alle Marche, attraversando l’Umbria e a volte puntando verso Lazio e Abruzzo. Dalla finocchiona al ciauscolo, passando per il tartufo e una miriade di altri sapori DOC e DOP.

Dato il calendario stravolto e zippato a causa del coronavirus, quest’anno ci ritroviamo di fronte a una contemporaneità tra il Tour de France e la Tirreno-Adriatico. Un grande giro che ruba la scena internazionale, ma tanta attesa per la cinquantacinquesima edizione della “Corsa dei due mari” prevista dal 7 al 14 settembre.

Tirreno-Adriatico 2020: il percorso

Recentemente il percorso è stato rimaneggiato  rispetto al programma svelato lo scorso inverno. Salta l’arrivo a Sacrofano che la sindaca Patrizia Nicolini tanto festeggiò in pompa magna con un’affollata conferenza stampa il giorno prima dell’inizio del lockdown, per poi ritrovarsi positiva al coronavirus e dare il via a una delle prime indagini epidemiologiche della Regione. Dalle stelle alle stalle. Sperando che si sia ripresa brillantemente, ci auguriamo che il comune laziale ci tenga a riproporsi alla RCS Sport come sede di tappa per il prossimo anno. Infatti, confidare nei paesi della provincia per assistere ad un evento ciclistico è  l’unica cosa che resta da fare ai romani, ora che ormai la capitale è aggirata da qualsiasi corsa, causa buche. Alle consuete sette tappe ne è poi stata aggiunta una, la quarta, da Terni a Cascia. Qui, in zona Castelsantangelo sul Nera, la corsa attraverserà la Pian Perduto, collegamento strategico con Castelluccio e strada ancora tecnicamente chiusa. A quattro anni dal terremoto, si legge che, tra una lungaggine e l‘altra, si è ancora in fase di “palificazione” e i lavori, interrotti il 27 giugno per consentire la viabilità nel periodo estivo, dovevano riprendere il 31 agosto scorso. Al di là della grande opportunità che la Tirreno-Adriatico offre a livello di promozione del territorio, la stampa locale evidenzia tutto il malumore per il nuovo blocco del cantiere dovuto al transito della corsa. C’è quasi la certezza che i corridori si faranno perdonare per l’intralcio con una tappa spettacolo, data l’altimetria di giornata. Ma anche voi, preoccupati, avete messo su Google “Palificazione cos’è”?

Vediamo più da vicino il percorso di questa Tirreno-Adriatico 2020. Ce n’è per tutti: tre tappe per velocisti, due tappe mosse adatte ad avventure da lontano o ad azioni da finisseur, due tappe di montagna e classica cronometro finale. Verrà dato il tradizionale via da Lido di Camaiore con una frazione di 133 Km che riporterà i corridori nella stessa cittadina toscana per il primo possibile finale in volata. Tappa per ruote veloci anche la seconda, da Camaiore a Follonica. Poi una tappa lunga, ancora in Toscana, 217 Km da Follonica a Saturnia, dal percorso nervoso e col finale in leggera ascesa per l’accesso al borgo. Ed eccoci alla Terni-Cascia. Chi vorrà vincere la corsa qui dovrà uscire allo scoperto e farsi trovare pronto sulle prime serie asperità: superato Castelsantangelo sul Nera, si sale verso Forca di Gualdo, 10,4 Km al 7,4% con punte al 12%, poi Rifugio Perugia e, dopo la picchiata verso Norcia, ultima salita di Ospedaletto. Discesa e arrivo a Cascia in leggera salita. Ci saranno i primi verdetti. Continua il viaggio nei Sibillini con la quinta tappa, da Norcia a Sarnano-Sassotetto, unico importante arrivo in salita. Giornata molto impegnativa, subito con la strada che sale verso Forca di Ancarano e poi, nell’ordine, Santa Margherita e il Santuario di Macereto, San Ginesio, Gualdo e Penna San Giovanni. La salita finale verso Sassotetto è di 14,2 Km con pendenza media del 5,8% e punte al 12%. Molto probabilmente rimarranno a giocarsela in pochi, i favoriti per la vittoria finale. Il giorno successivo andrà in scena l’ultima chance per i velocisti con l’arrivo a Senigallia: finale in circuito totalmente pianeggiante. Ma non sono finite le difficoltà. Settima tappa molto mossa da Pieve Torina a Loreto. Si passa per la Valle del fiume Potenza e, dopo Osimo, ci si immette in un circuito di 25 km da ripetere tre volte che presenta le salite di Loreto e Recanati. Quanto saranno decisivi quest’anno i 10 chilometri piatti e probabilmente ventosi della cronometro finale di San Benedetto del Tronto? L’anno scorso, stesso percorso, Primož Roglič  diede 26’’ ad Adam Yates che perse la maglia azzurra di leader per 1’’. Tanto per avere un’idea.

Tutte le tappe nella Guida ufficiale

La nota dolente, ma non troppo, di questa Tirreno-Adriatico: i partecipanti

Roglič, A. Yates, Dumoulin, Pinot, Alaphilippe, Poels. Sei dei primi sette della generale dell’anno scorso. Sono tutti al Tour de France. Potremmo nominarne altri: Sagan, Carapaz, Van Avermaet, i nostri Elia Viviani e Nizzolo. E la lista si allungherebbe. Quest’anno, inevitabilmente, le squadre hanno dovuto fare delle scelte e organizzare la stagione alla meglio. D’altronde, il calendario così proposto dall’UCI ne aveva scatenate di polemiche da parte italiana. Ora non vogliamo piangere sul latte versato, quindi è giusto concentrarsi su chi ci sarà. Uno su tutti, Vincenzo Nibali (Trek Segafredo). Lui, il favorito numero uno, le strade delle Marche le conosce bene, lo dice anche nello spot promozionale sulle bellezze della Regione. Ne avrà di tifosi. A dargli manforte, tra gli altri, il fratello Antonio, Brambilla e soprattutto Giulio Ciccone. Poi c’è il caso di Chris Froome che, per via di risultati non soddisfacenti in questo suo ritorno alle corse nel 2020 e per aver già firmato il contratto per il 2021 con la Israel  Start-UP Nation, non è stato schierato al Tour de France dal Team Ineos. Benvenuto alla Tirreno-Adriatico, Chris. Speriamo di rivederti in forma a dar battaglia. Anche se la Ineos, probabilmente non aspettandosi troppe garanzie dal britannico, punterà in prima battuta su Geraint Thomas e su Tao Geoghegan Hart. Oltre ad aver piazzato uno squadrone al Tour, mica male nemmeno la lista partenti qui alla Tirreno-Adriatico per il team diretto per l’occasione da Cioni e Tosatto. Altri che possono ambire alla classifica finale? Ce ne sono: Jakob Fuglsang (Team Astana), Rafal Majka (Bora-Hansgrohe), Simon Yates (Mitchelton-Scott), Wilko Kelderman (Team Sunweb). Poi, con Wild card parteciperà alla corsa anche la Alpecin-Fenix  di un tale Van der Poel che, a detta di Eddy Merckx, un giorno potrà vincere anche il Tour.  Sicuramente, Ineos un passo avanti alle altre per qualità, ma in una sola settimana di corsa l’importanza della compattezza della squadra dovrebbe essere relativa rispetto ai grandi giri e potrebbero quasi bastare le gambe del capitano, se girano bene, o poco più. Sarebbe bello che facesse bene anche il giovane Luca Wackermann (Vini Zabù-KTM), recente vincitore del Tour du Limousin, anche se Luca Scinto ha dichiarato che i suoi correranno questa Tirreno-Adriatico più che altro come preparazione in vista del prossimo Giro d’Italia.

Per molti, in effetti, sarà cosi e quindi, alla ricerca della condizione, può venir fuori una bella corsa con un bel gruppetto di possibili protagonisti per la maglia azzurra e tanti cacciatori di tappe. Al via da Lido di Camaiore ci sarà uno che la condizione ha già dimostrato di averla, Davide Ballerini secondo al campionato italiano a Cittadella e splendido protagonista all’europeo di Plouay. Un discorso a parte per i parecchi velocisti che si contenderanno le tre tappe a disposizione. Nomi importanti ce ne sono, come Michael Matthews (Team Sunweb), Fernando Gaviria (UAE Team Emirates), Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe), con i quali dovranno vedersela i nostri Manuel Belletti (Androni Giocattoli-Sidermec), Francesco Gavazzi (Androni Giocattoli-Sidermec), Lorenzo Rota (Vini Zabù-KTM).

Tirreno-Adriatico 2020:  dove vederla (e come)

Se vi state chiedendo dove collegarvi per vedere la prossima corsa dei due mari, la risposta è facile: RaiSport + o Rai Due, a seconda della giornata, trasmetteranno la diretta della corsa. Se invece il problema che vi state ponendo è “come” vederla, la risposta è: “con un occhio”. Potete gustarvela sull’ipad, mentre con l’altro occhio seguite il Tour in tv, o viceversa.

Laura Carletti

Campionati europei di ciclismo: lo show di Nizzolo per il tris di Cassani

Podio Nizzolo Dèmare Ackermann
Il podio di Plouay: Nizzolo, Démare, Ackermann

Caro Giacomo Nizzolo, lo sappiamo: questa volta volevi goderti la maglia tricolore. Ma siccome sei forte, proprio forte, e hai pure la fortuna di avere intorno a te sempre compagni di squadra impeccabili, mettiti l’anima in pace. Quest’anno la maglia sarà bianca, bande blu tono su tono e stellette gialle. Non è male.

Gara corta a Plouay, Bretagna. 177 chilometri non troppo difficili, su un percorso fatto di saliscendi e qualche strappo duro ma breve. La Côte du Pont Neuf, ai -4km era cerchiata come rampa di lancio per eventuali tentativi nel finale da parte di chi non poteva giocarsela in volata. Annullata la fuga dei quattro attaccanti di giornata, Rajović (Serbia), Bernas (Polonia), Miltiadis (Cipro) e Dima (Romania), davanti al gruppo l’Italia rimane compatta a tenere la corsa. Visconti, Boaro, Ulissi, Trentin sono i nostri in prima linea. I francesi, loro sì che vogliono arrivare in volata con Démare favorito di giornata. Quindi, dai -60km anche loro si mettono in testa ad alzare il ritmo.

Nei pressi dell’ottavo passaggio a Plouay una brutta caduta di una ventina di corridori mette fuori gioco il velocista belga Philipsen. Lui ci rimette un dente, invece Van Avermaet e Vanmarcke hanno via libera e si lanciano in una serie di scatti tutti annullati dagli azzurri. Ci sono anche gli olandesi a fare un po’ di bagarre e, tra loro, un nome su tutti: Van Der Poel. Al penultimo giro porta anche via un gruppetto con dentro tre azzurri, ma si arriva alla fine con il gruppo dei migliori a ranghi compatti, grazie ai nostri che si prodigano a rintuzzare ogni tentativo.

Volata
Nizzolo, sprint al fotofinish

I francesi, in casa, ci tenevano tantissimo e ormai per loro il più era fatto. Ma Ballerini lancia lo sprint a Nizzolo che al fotofinish è primo. Battuto Démare. Terzo Ackermann. Una vittoria di squadra. Tutti bravi gli azzurri di Cassani che incassa il terzo successo consecutivo ai campionati europei, dopo le vittorie di Trentin e Viviani negli scorsi anni.

Laura Carletti

Nizzolo, campione italiano 2020. A Cittadella il brianzolo è di nuovo tricolore.

Lo scenario scelto a Cittadella, quello di Porta Vicenza, era davvero bello. Un podio scenografico aspettava i corridori per foto e inquadrature stile premiazione finale del Tour sui Campi Elisi. Ma c’era così tanta gente sullo sfondo, pur zoommata e per questo non  per forza accalcata in assembramento, che sembrava un mercato. Sicuramente ha importato poco di tutto questo a Giacomo Nizzolo, NTT  Pro Cycling, che è salito sul gradino più alto, senza badare ai fronzoli estetici. Bravo a tenere botta sulla Rosina fino alla fine, bravissimo a scegliere il tempo in volata per passare sul traguardo Davide Ballerini di quel che basta per chiamarla vittoria netta, una ruota. Col dubbio, lì per lì, che quello sfogo sul manubrio, quelle due impennate di rabbia, non siano costate il tricolore al corridore della Deceuninck-Quick Step. Molto probabilmente no. Completa il podio Sonny Colbrelli che si è trovato davanti negli ultimi 200 metri e, anticipando la volata, si è poi visto passare dai due bolidi.

È venuta fuori una bella corsa, su una distanza di 253 chilometri da Bassano del Grappa a Cittadella, liberamente ispirata al Fiandre. Metti la salita della Rosina, 2 km al 7% da ripetere 12 volte e, prima dell’ultimo giro, la Tisa, uno strappo in pavè di 350 metri al 15%, ed ecco che hai il percorso di una classica monumento. Infatti, non lo nasconde Pippo Pozzato che, all’esordio nel ruolo di organizzatore, ha esaudito il sogno di aver portato il campionato italiano in Veneto e punta all’obiettivo di riproporre la corsa negli anni come una classica fissa nel calendario ciclistico.

Dopo una fuga iniziale di 27 uomini, il gruppo si ricompatta e la selezione c’è stata sulla Tisa dove rimangono in 7 al comando: Nizzolo, Ballerini e Bagioli, Colbrelli, Oss, Canola e Formulo, il campione uscente. L’ultima Rosina Bagioli la fa a tutta in testa per evitare scatti, ma in discesa e lungo il falsopiano successivo qualcuno rientra, come De Marchi, Ulissi e Nibali. Proprio questi tre provano le loro carte  con qualche allungo più o meno deciso, ma è sempre Bagioli che tiene la corsa chiusa e riporta sotto il gruppetto per gustarsi la volata finale del compagno di squadra, Ballerini.

Nizzolo, 31 anni, già campione italiano nel 2016, con questa vittoria importante vorrebbe lanciarsi in una stagione da ricordare: “Dopo tre anni non facili, spero di godermi questa maglia più della prima”. Infatti, il tricolore conquistato a Darfo Boario Terme lo sfoggiò nel corso del 2016 con qualche discreta soddisfazione, ma l’anno successivo passò quasi nell’anonimato per via di una tendinite che lo rallentò nella prima parte di stagione.

Sul circuito veneto, tra un giro e l’altro, l’avevano pure dato per ritirato perché, a seguito di una caduta, intorno a metà gara, è stato costretto a un cambio bici e ne ha presa una senza transponder. Invece c’è ed è festa grossa a Porta Vicenza.

Laura Carletti

Luca Scinto, l’inventiva al potere

Luca Scinto
Credit photo: Martino Areniello

“Ci sentiamo con più calma” detto da Luca Scinto, potrebbe significare un “a mai più”. Lo scrisse il maestro Pastonesi qualche anno fa in un memorabile pezzo per Tuttobiciweb in cui illustrava il temperamento del toscano in ammiraglia e lo lasciava immaginare tale e quale anche fuori dall’abitacolo. Che la calma sia un concetto a lui estraneo, in effetti, è abbastanza risaputo. Quando questa intervista è stata rimandata all’indomani, ho ricordato lo sfavorevole presagio e invece, smentendo per una volta il Pasto, eccoci qui con il ds della Vini Zabù – KTM a parlare felici del ritorno alle corse.

Ci siamo sentiti di sfuggita appena due giorni fa e lamentavi il fatto che state faticando a trovare la condizione. Poi, ieri, una grande prova di Visconti e Garosio al Giro dell’Emilia e la vittoria di Wackermann nella prima tappa del Tour du Limousin, la prima stagionale per la Vini Zabù – KTM. Va già un po’ meglio? 

Sì, ieri è andata bene sia in Emilia che in Francia. Visconti è un corridore che andando in fuga trova la gamba e anche la testa, quindi è stata un’azione importante anche dal punto di vista psicologico. Poi a un certo punto dietro hanno cominciato a far sul serio, come è normale. Ma alla fine abbiamo ben figurato. Insomma, siamo una squadra che si fa notare e abbiamo dimostrato che meritiamo di essere invitati alle corse.

Che i tuoi si facciano notare non è una novità…

Le mie sono squadre di giovani combattenti. Avessi corridori che possono vincere un grande giro correrei diversamente. Io dico sempre che guidare una squadra di vincenti è molto più facile. Noi dobbiamo sempre inventarci qualcosa, come abbiamo fatto anche ieri. E questo è già molto importante perché dà visibilità.

Prossimo obiettivo, campionati italiani in Veneto. Parliamo della gara in linea, come interpreterete la corsa?

Quest’anno non partiamo da favoriti. Ci sono molti corridori  che vanno già forte, una ventina, e tra questi ci metto anche i nostri Rota, Visconti e Wackermann. Bisognerà anticipare i migliori, non subendo la corsa come l’anno scorso, ma facendola subire agli altri.

Il percorso lo definiscono “esigente”, da Bassano del Grappa a Cittadella, con la salita della Rosina da percorrere 12 volte.

Sì, poi però dall’ultimo passaggio c’è ancora parecchio per arrivare all’arrivo (25 km, ndr). Dovremo valutare tante cose. Sicuramente non partiremo con Visconti leader, perché Giovanni sta bene ma non credo sia ancora all’altezza di vincere. Sarà una squadra a sorpresa.

Il 7 settembre scatta invece la Tirreno-Adriatico e ci sarete con la vostra wild card.

La Tirreno-Adriatico sarà una buona preparazione per il Giro d’Italia, perché fare qualche bel risultato al Giro resta per noi l’obiettivo più importante. Di corridori che vanno forte adesso ce ne sono tanti. Noi siamo partiti bene e cercheremo di arrivare pronti all’appuntamento. Sperando che non ci fermino prima causa CoVid, mi auguro proprio di no, sarebbe un disastro.

Torniamo proprio un attimo al passato. Non è una bella cosa ripensare alla quarantena, però in quel periodo c’è stato l’esperimento del “Giro Virtual” al quale avete partecipato, vincendo anche la terza tappa. Al di là della situazione eccezionale in cui è stata organizzata, ti è piaciuta come iniziativa in sé? É da considerare una tantum o può attecchire?

Io non sono tecnologico, anzi, sono un po’ all’antica. Però nel momento del lockdown era importante organizzare queste iniziative, anche per dare visibilità agli sponsor. Ma il ciclismo non è quello, il ciclismo è un’altra cosa, è la strada. Già correre in questi giorni senza pubblico è davvero brutto.

Rimanendo nell’ambito della tecnologia, all’inizio della stagione hai annunciato che avresti fatto correre i tuoi ragazzi in gara “a sensazione”, senza cardiofrequenzimetro né potenziometro. Stai mettendo in pratica questo tuo proposito?

Certo,  e penso sia la cosa migliore. Troppo spesso sono ossessionati dai valori che leggono, si fanno condizionare e si abbattono di morale se i numeri e i WATT non sono sui livelli attesi. Intendiamoci, avessi avuto una squadra con grandi campioni non so se avrei potuto fare questa scelta, ma qui alla Vini Zabù – KTM posso permettermelo.

L’attualità è anche fatta di un altro tipo di notizie. Hai voglia di esprimere la tua impressione sulla questione Cipollini vs Cassani?

Mi astengo dal fare commenti. Dico solo che io non sono perfetto, ho grandi difetti, ma sono abituato ad alzare il telefono e discutere con le persone, o anche criticarle, in privato. Non lo faccio e non lo farei certo sui social.

Sì, io sono romanista. Luca Scinto invece è juventino, giusto?

Sfegatato juventino.

Sei contento della scelta di Pirlo?

Non è detto che un campione di calcio sia automaticamente anche un campione nel ruolo di allenatore. Ma se Pirlo è stato scelto avrà sicuramente delle doti e mi auguro che possa dimostrarlo. Allo stesso tempo mi dispiace per Sarri, perché conosco molto bene il babbo, ciclista del passato e grande appassionato delle due ruote.

Laura Carletti

Giro dei 4 Passi: oltre alla bici c’è di più

Da qualche settimana, lungo la strada che serpeggia tra le montagne di Pioraco e Sefro, erano stati notati tanti bei segnali con su la scritta “Strada frequentata da ciclisti”. E’ vero, si sono sempre incontrati in zona cicloamatori di ogni età, più o meno credibili, più o meno in forma, ma tutti assai volenterosi. Forse quest’anno se ne aspettano di più, magari invogliati dalla pubblicità di Nibali. Questo è stato il primo pensiero. Ma in realtà c’è altra carne al fuoco.

A Fiuminata, paese dell’entroterra maceratese, venerdì 31 luglio si è tenuto un incontro sul tema “La montagna per tutti”. In Piazza Giacomo Leopardi è stata illustrata la Carta dei Sentieri dell’Alta Valle del Potenza, a cura della Monti Editore ma, soprattutto, è stato presentato il Giro dei 4 Passi. Ecco svelata la chicca per gli appassionati cicloamatori.

Il Giro dei 4 Passi è un percorso cicloturistico permanente di 67 Km che collega i comuni di Fiuminata, Pioraco e Sefro in un unico anello, immerso nella natura incontaminata, tra i panorami mozzafiato di questo angolo di Appennini.

Salita Sefro/Montelago
Salita Sefro/Montelago

Roberto Giuli e Alessandro Casoni del Gruppo Ciclistico Alta Valle del Potenza hanno descritto l’iniziativa. L’idea del Giro dei 4 Passi è nata in seno all’associazione ciclistica “Alta Valle del Potenza” e non poteva essere realizzata senza la collaborazione delle istituzioni, i comuni di Fiuminata, Pioraco e Sefro che a più riprese vengono ringraziati per la fiducia e per il lavoro fatto insieme.

Il Giro può essere cominciato a scelta da uno dei tre paesi e ciascuno è una tappa del percorso”, spiega Giuli. “Si ritira un ticket presso il bar di riferimento e a ogni tappa verrà applicato un timbro che certifica l’avvenuto passaggio”.
Preparatevi, le asperità da affrontare sono Monte Vermenone, Montelago, Monte Camorlo e Monte Gemmo. Il percorso, immerso in boschi, forre e praterie, prevede tra l’altro, single track, salite brecciate, discese a scelta (tecniche per i più abili, o con alternativa più facile per i meno esperti).

Abbiamo avuto un forte appoggio anche da parte delle comunanze agrarie che ci hanno indicato tutte le fonti e i rifugi, quindi il percorso è interamente segnalato e scaricabile online”, continua Giuli. L’obiettivo, attraverso il Giro dei 4 Passi, è quello di portare turismo in questi territori, portare le famiglie a trascorrere il loro tempo nella natura, a pranzare nei nostri ristoranti, a far loro scoprire la bellezza di questi posti e le tante possibilità che offrono”.

Casoni mette in luce già i primi risultati: 43.000 visualizzazioni del video promozionale in due settimane e quasi 200 bikers che hanno portato a termine il giro. Un successo che, pur sapendo quanto questi luoghi offrono, nessuno credeva di raggiungere così velocemente. “Dietro c’è tanto lavoro e tanta responsabilità. La nostra associazione Alta Valle del Potenza, affiliata alla Federazione Ciclistica Italiana, è ormai una realtà piuttosto importante e ci stiamo guadagnando uno spazio di rilevo”, spiega. “Per di più il percorso è compatibile con altre attività come il trekking o il nordic walking”.

Le ricadute, anche in termini economici, che questa iniziativa può avere per il territorio sono tante. Per ora i commercianti del luogo sono i primi che stanno beneficiando di questo afflusso di sportivi, degno dei noti centri dolomitici. Ma Casoni amplia la prospettiva. “Il Giro dei 4 Passi è una piattaforma su cui si può sicuramente investire: costruire bike hotel, creare punti di noleggio delle bici, mettere a disposizione box con meccanici specializzati, realizzare con i nutrizionisti menù ad hoc per gli sportivi e mettere in risalto i prodotti enogastronimici a chilometro zero”. Chi più ne ha, più ne metta.

I complimenti arrivano copiosi anche da Carlo Pasqualini, presidente del Comitato provinciale della Federazione Ciclistica Italiana, che prende la parola e si dice entusiasta per l’iniziativa. Pasqualini, che ha dedicato da sempre molto tempo al settore giovanile, rileva che l’unica nota dolente per l’entroterra marchigiano è, ad oggi, la mancanza di scuole di ciclismo. “La Federazione in questo può dare una grossa mano e mira ad entrare anche nella scuole con appositi programmi con il Ministero dell’Istruzione, al fine di garantire un’offerta sportiva importante per i ragazzi”.

Intanto da queste parti qualcosa si muove. Giuli getta il cuore oltre l’ostacolo e pensa anche al futuro. “Quest’anno avremmo voluto lanciare il Giro con una marathon, ma causa COVID l’abbiamo rinviata al 2021. C’è poi la possibilità di unire i nostri percorsi con quelli bellissimi di Esanatoglia e quindi fare le valli dello Scarsito del Potenza e dell’Esino. Sarebbe un sogno”.

Insomma, se avete intenzione di passare con la bici da queste parti, sappiate che il Gruppo Ciclistico Alta Valle del Potenza accoglie tutti con passione e, se vorrete, vi scorterà come guide turistiche durante le vostre pedalate. Tutto gratuitamente. E poi, portato a termine il vostro Giro dei 4 Passi, non dimenticate di ritirare l’attestato: una pregiata filigrana artistica prodotta a mano dalla Bottega della Carta.

Di seguito i link per tutte le informazioni.

Laura Carletti

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Purosangue. Cunego si racconta

Bologna. Le partenze ancora si susseguivano velocemente da Piazza Maggiore. Il conto alla rovescia, ogni minuto, scandiva il via dei 176 corridori verso San Luca, il via a cronometro del Giro d’Italia 102. Si gettavano uno a uno nell’abbraccio dei tifosi come api nei fiori, tra le note di Dalla e gli applausi. Ma intanto, dalla parte opposta di Via Indipendenza, in fondo a tutti i famosi porticati, ci si preparava per un altro evento. Un evento da presenziare, se non altro come segnale di rispetto e stima per un corridore che da poco è diventato un ex, come riconoscimento per le emozioni che con le sue fatiche ha fatto vivere durante la sua carriera a chi voleva e vuole bene al ciclismo. Al Dynamo Velostazione Damiano Cunego presentava il suo libro autobiografico, “Purosangue. Il piccolo principe, un campione a pane e acqua” scritto insieme a Tiziano Marino per Baldini+Castoldi.
Gomiti larghi per farsi spazio tra la folla e si lascia lo scenario della corsa.

Il Dynamo Velostazione è un bellissimo spazio urbano dedicato alle bici, per noleggio, parcheggio, officina, deposito bagagli e non solo: un modello da esportare in ogni città. Il tutto condito da angolo bar e giardinetto antistante. Qui sono già pronti gruppi di giovani tifosi del piccolo principe, reduci di trasferte al suo seguito. Quando arriva, Damiano firma maglie Saeco e Lampre per la gioia di chi a casa le metterà in bacheca. Poi, comincia un gradevole botta e risposta con Tiziano Marino, promotore e curatore del libro, la cui prefazione è a firma del ct Davide Cassani.

È un libro piacevole per tutto il pubblico, non solo per gli esperti di ciclismo” dice Marino. “Damiano era il mio idolo. Io vivevo a Los Angeles e gli mandai un messaggio su whatsapp per chiedergli se gli piaceva l’idea di un’autobiografia”.

E volete sapere cosa ha fatto Damiano?
Sono andato in vacanza a Los Angeles con la famiglia. Poi ogni pomeriggio ci vedevamo con Tiziano e mi dedicavo ai racconti”.

Il libro è frutto di 12 ore di interviste e dei diari che Damiano ha tenuto durante gli anni della sua carriera.
Si parla di quando ero ragazzino, dell’esordio in bici a 15 anni, delle vittorie più belle, della fine della carriera e anche del futuro”.

Naturalmente sono tanti i ricordi legati al Giro del 2004. Damiano, reduce da una primavera piena di successi, arrivò comunque a quel Giro d’Italia come outsider per aiutare Simoni e invece quel Giro lo vinse. Quattro vittorie di tappa: Pontremoli, Montevergine e poi le due tappe spettacolari di Falzes, in cui si riprende la maglia rosa, e Bormio 2000. Damiano ripercorre brevemente gli eventi, con memoria vivida, la competizione con Simoni, il dualismo montato dai media e in fondo, il rispetto che ancora oggi li lega.
Per quel che riguarda le corse in linea, Damiano si è portato a casa tre Giri di Lombardia, un Amstel Gold Race e tanto altro, per un totale di 51 vittorie.

“Ma qual è invece il più grande rammarico della tua carriera”? Chiede Marino.
I miei secondi posti. Al mondiale di Varese nel 2008, al campionato italiano 2009 e al Tour del 2006, su un traguardo monumento come quello dell’Alpe d’Huez, dietro a Frank Schleck.

Poi si guarda al titolo del libro: “Purosangue”.
È un titolo che mi piace molto e mi rappresenta. Ho sempre affrontato lo sport, così come la vita, con grande onestà e oggi posso guardarmi serenamente allo specchio”.
Sappiamo tutti che i riferimenti sono ai problemi del ciclismo di quegli anni e non dimentichiamo il motto “Doping free” che Damiano lanciò come messaggio al movimento. Un messaggio che ancora passa oggi attraverso questo libro, in cui sono riportate anche importanti testimonianze di stima da parte dei suoi ex compagni.

Le domande dei tifosi sono una valanga.
A quale corridore del passato ti sei sentito vicino?
A Marco Pantani. L’ho conosciuto dopo i fatti del ’99. Ricordo un ragazzo gioviale, ma anche molto segnato dagli eventi. Poi a Jan Ullrich, ai compagni Tonti e Mazzoleni. A Bartagnolli, che ha avuto per me parole importanti”.

Un pronostico per il Giro 2019?
Tutta Italia spera in Nibali, ma credo che anche Dumoulin sarà un sicuro protagonista. E poi, chissà, magari qualche giovane potrà far bene.

Il libro parla anche della nuova attività di Damiano.
Ho concluso la carriera nell’estate 2018 e ho cominciato l’attività di personal trainer. Mi sono accerchiato di poche persone, ho lanciato il mio marchio, il mio sito e seguo già dei ragazzi”.

Si sta comodi, si beve, il sole accecante è calato. Una serata che potrebbe durare una vita. Sul San Luca sono arrivati tutti e Roglic è la prima maglia rosa.

Torno a Roma e vado a comprare “Purosangue”. Sono in una delle librerie centrali più note. Non lo trovo, lo chiedo.
Ancora non è esposto, è arrivato stamattina. Glielo vado a prendere”.
Sono la prima. Se siete un po’ nostalgici e avete voglia di una bella storia, ora tocca a voi. Buona lettura.

Laura Carletti

 

Semi-serissima anticipazione sul Giro d’Italia 2020

Non vi sarà sfuggita la pubblicità di una delle più famose case automobilistiche tedesche. No, non quella di Jürgen Klopp che fugge e sgomma perché fuori c’è ancora luce. L’altra, quella in cui si loda il confort dell’auto teutonica nonostante le buche presenti sulle strade di Budapest. L’unica volta, quella, che i romani non si sono sentiti derisi e messi alla berlina per le piaghe della loro città. Grazie, tedeschi, per prendere di mira Budapest al posto nostro. Già paghiamo un grosso scotto, noi, per le buche. Per esempio, dopo la figuraccia dello scorso maggio, ci schifa pure la RCS che aggirerà Roma in tutti i percorsi e non ci farà più sede di tappa per il Giro d’Italia. E, secondo voi, da dove partirà la corsa rosa nel 2020? Una città a caso… Budapest.

Però c’è qualcosa che non torna. Nel 2013 il Ministro dei Trasporti ungherese firmò la cosiddetta Carta Nazionale del Ciclismo, un documento redatto da sette associazioni ciclistiche in collaborazione con l’ECF (European Cyclists’ Federation). L’intento era quello di impiegare ben 400 milioni di euro per incentivare la mobilità ciclistica e confermare Budapest tra le città più “bike friendly” del mondo. O il progetto è fallito e quindi la pubblicità di cui sopra ha preoccupanti riscontri oggettivi e i bikers ungheresi, se ancora ci sono, sono tutti kamikaze; oppure non ci sono più i pubblicitari tedeschi seri di una volta.

In ogni caso, il tarlo che per amor del Giro avremo da qui al 2020 sarà: “perché proprio l’Ungheria?” Forse il Giro si presta agli ungheresi come mezzo per rimettersi in corsa per vecchi ambiziosi obiettivi?

In questi anni, le polemiche sulle partenze dall’estero si incentravano sul fatto che il Giro va dove fa cassa. Verissimo. Ma ci sta, l’abbiamo accettato, pure questa l’abbiamo mandata giù, business is business. E comunque gli organizzatori  ci hanno insegnato che il Giro va dove è amato, dove la cultura del ciclismo è viva e fa parte della storia, dove fanno un Giubileo straordinario, dove vuole portare un messaggio di pace. E, diciamocelo, di fronte a tutto questo, chi oggi non pensa all’Ungheria?

Degno di nota il fatto che l’accordo tra RCS e i vertici ungheresi è stato chiuso, o almeno comunicato, ad aprile, con circa cinque mesi di anticipo rispetto agli altri anni. Il clou della questione c’è stato alla conferenza di presentazione dell’accordo dove, chiaramente, erano tutti felici della grande opportunità. Il Ministro degli Affari Esteri Tamás Menczer ha affermato che attraverso il Giro vogliono far conoscere la bellezza del loro Paese e “mettere in mostra i valori ungheresi”. Infatti ieri Salvini è già andato a perlustrare il percorso dall’elicottero.

 

Laura Carletti

Viviani al centro del mondo

Foligno. Esci dalla stazione e stai già al triangolo rosso dell’ultimo chilometro. Te lo fai tutto per ispezionare il percorso. Ai 300 metri dal traguardo ci sono i panini. Un’ampia semicurva a 200 metri interrompe il lungo rettilineo d’arrivo della terza tappa della Tirreno-Adriatico. Ancora non c’è nessuno, solo personale addetto all’organizzazione. Le informazioni sul quartier tappa con sede al palasport ci vengono date da un addetto della RCS che poi ci chiede se siamo del posto. Voleva una dritta su qualche ristorantino. Ciò a conferma che il primo pensiero di tutti è proprio il magnà.

Al Palapaternesi ci si arriva attraversando un ponticello sul fiume Topino, così stretto, ma così stretto che pure il senso alternato è un affronto per il miglior automobilista, che il fatto che è pure pedonale porta a rischio attacco di panico. Il clima però è ottimo. Rispetto a qualche anno fa, quando faceva un tempo da cani, oggi a Foligno è primavera. Sarà per il  riscaldamento globale. L’avvistamento del van Gazzetta di Giuseppe Santucci, il ritiro del pass, un pranzo al vapoforno. Poi il lungo appostamento ai 100 metri dal traguardo.

Non ci voleva tanto, ma se c’è una cosa che negli anni è migliorata, è la compilation della RCS. Nell’ordine, irrompe Ben Harper, poi la povera Dolores O’Riordan canta Dreams, gli U2 con “In the name of love” e “I want to break free”, Queen. Forse è cambiato il dj. Quindi è il momento della sfilata di figuranti vestiti in abiti seicenteschi.

Ciclisticamente si batte la fiacca. Una fuga di giornata che prende un vantaggio massimo di 4 minuti, viene ripresa a 4 km dall’arrivo. Quando manca poco al finale, lo speaker, nella figura dello storico Stefano Bertolotti, si rivolge al pubblico. Un avviso che dovrebbe essere sottinteso, ma visto quello che è già successo a Lido di Camaiore, non è affatto superfluo: state attenti, non sporgetevi, non usate stik per i cellulari, i corridori sono persone che stanno lavorando. Amen. Arrivano. Peter Sagan lancia lo sprint ma è Elia Viviani a vincere la sua prima tappa alla Tirreno-Adriatico davanti allo slovacco. Terzo Gaviria. Yates ancora leader in maglia azzurra. Premiazioni e rapida smobilitazione. E’ brutto dirlo ma De Luca e Ballan non se li fila nessuno. Che tempi quando la gente affollava i mezzi RAI per farsi le foto con Cassani! Domattina si riparte da qui. Buonanotte, Foligno.